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Alexandar Panjkovic (foto Aldo Pretto) |
Dopo Stefano de Eccher, eccoci ad Alexandar Panjkovic per la nostra serie di interviste ai personaggi dello scacchismo trentino (ma non solo). Serbo-roveretano, Alexandar è noto a tutti sia per l’attività agonistica sia per quella di istruttore e – non ultimo – per la sua veste di papà di ottime promesse degli scacchi nostrani. Agonisticamente, è reduce dal Server24 Chess Festival di Ortisei, che – commenta lui – “è stato un grande torneo con avversari molto difficili. Ho avuto occasioni per un risultato migliore, ma non le ho realizzate. Alla fine ho concluso secondo le aspettative. All'inizio ero il 34° giocatore secondo il punteggio elo e sono arrivato al 33° posto con una variazione elo di 0.01”.
<!--[if !supportLists]-->1) <!--[endif]-->Sei da poco diventato istruttore di scacchi della Fide, quindi con patente internazionale. E’ difficile ottenere questa certificazione?
Bisogna partecipare a un seminario organizzato dalla FIDE e sostenere un esame scritto di 15 domande. Le domande sono scelte da un libro distribuito esclusivamente dalla FIDE (FIDE Trainers Commission Chess Syllabus) e dalle esposizioni del Grande Maestro che sosteneva il seminario. Alcune domande riguardano anche la cultura scacchistica in generale.
<!--[if !supportLists]-->2) <!--[endif]-->Chi frequenta le tue lezioni ammira la tua conoscenza enciclopedica delle aperture, ma anche dei finali e dei principi di strategia. Come hai costruito questo bagaglio personale? Quale è il tuo metodo di studio?
Non c'è una formula particolare. Penso che la passione per gli scacchi sia una cosa determinante. Utilizzo molto i software scacchistici che mi aiutano a tenere le cose meglio organizzate e consultabili più velocemente. Il lavoro più grande si svolge all'inizio, quando bisogna costruire una base solida. Poi, si tiene tutto aggiornato con i nuovi libri e le nuove pubblicazioni. Richiede molto impegno lo studio delle aperture che sono sotto continuo cambiamento e aggiornamento, mentre i principi del medio gioco e dei finali cambiano molto più lentamente nel tempo, ma richiedono sempre un “ripasso”, specialmente i finali. Senza una preparazione – del resto - è difficile ottenere un risultato agonistico desiderato: bisogna tenere conto del tipo di torneo in cui si gioca e paragonarlo con uno già giocato in passato; preparare un repertorio di aperture generale, ma è meglio prepararsi per ogni avversario in particolare con l'aiuto di chessbase; ripetere tutte le regole dei finali tecnici; porsi con uno stato mentale di determinazione e confidenza in se stesso; scegliere un obiettivo di riserva, meno ambizioso, per non perdere la motivazione nel caso le cose vadano male. Ci sono anche molte altre cose, ma per parlare di loro occorrerebbe più tempo e spazio.
<!--[if !supportLists]-->3) <!--[endif]-->Tu insegni che ciascun scacchista deve scoprire quale tipo di gioco gli è congeniale, se aggressivo, difensivo, propenso o meno alle soluzioni tattiche… Tu come definiresti te stesso?
Non è una domanda facile, e riconoscere il proprio stile è una delle cose più importanti per migliorare il proprio gioco. Ho provato diversi tipi di aperture con diversi stili di gioco, e ho capito che mi trovo meglio sulle strutture asimmetriche, cercando un tipo di gioco aggressivo ma nello stesso tempo controllato e con responsabilità per il materiale. È una via di mezzo tra uno stile posizionale e uno dinamico. Ma a questa domanda possono rispondere sicuramente meglio i miei avversari sulla scacchiera.
<!--[if !supportLists]-->4) <!--[endif]-->Se dovessi scegliere tre campioni nella storia e nell’attualità degli scacchi, quali sceglieresti come i tuoi preferiti e perché?
Ce ne sono tanti che meritano di essere scelti, praticamente tutti i Campioni del Mondo, ma la mia scelta personale cade su Capablanca, Alekhine e Fischer. Capablanca era un vero genio. Dotato di un talento innato, per lui era tutto facile e semplice. Molte generazioni sono cresciute imparando dalle sue partite e saranno ancora moltissime a farlo. Alekhine, con la sua determinazione di vivere gli scacchi come un'arte, mi ha da sempre affascinato, mentre Fischer, che ha dedicato tutta la sua vita agli scacchi, li rappresenta simbolicamente.
<!--[if !supportLists]-->5) <!--[endif]-->Ai tuoi corsi ci sono molti adulti anche over 50: fino a quale età si può realisticamente progredire negli scacchi? Quanto conta la giovinezza?
Non ci sono limiti di età per progredire ma bisogna scegliere i propri obiettivi attentamente. Non si può sperare di diventare campione del mondo partendo dalla 2N e con l'età di 40 o 50 anni, ma con un lavoro continuo e appassionato si può raggiungere il titolo di CM per esempio. La giovinezza conta tanto perché si riesce ad imparare e a memorizzare più facilmente. Inoltre i giovani hanno meno pregiudizi per quanto riguarda il loro percorso personale. Le persone adulte hanno già creato un'immagine di loro stessi e diversi “schemi” di pensiero che rallentano le possibilità di miglioramento. Un adulto che riesce a riconoscere e a rimuovere questi pregiudizi personali, ha ottime possibilità per un ulteriore miglioramento fino ad un livello obiettivamente raggiungibile.
<!--[if !supportLists]-->6) <!--[endif]-->Una domanda per conoscere meglio Alexandar Panjkovic: qual è la tua storia di serbo naturalizzato italiano? Ti trovi bene in Trentino?
Sono venuto in Italia come studente di chitarra classica. Dopo aver finito il mio studio di perfezionamento sono rimasto a Rovereto, dove insegno la chitarra alla Scuola Musicale. Sono felicemente sposato e ho due figli. Il Trentino è diventato a tutti gli effetti la mia nuova casa, dove ho tanti amici e dove mi trovo benissimo.
<!--[if !supportLists]-->7) <!--[endif]-->Sappiamo che insegni chitarra e sei un valido concertista: è più difficile tenere la concentrazione in un brano difficile o in un finale in zeitnot?
Sicuramente è più difficile il finale in zeitnot. Una composizione, o meglio dire un programma per un concerto, si prepara molto tempo in anticipo. Per mantenere alta la concentrazione durante un concerto aiuta molto l'espressione e l'interpretazione artistica e tutto si esegue in un tempo già programmato, senza la pressione di dover finire prima o dopo di un'ora predefinita. Il gioco degli scacchi produce invece posizioni sempre diverse. La mancanza di tempo in una partita da torneo mette tutti in grande disagio e si ha bisogno di proseguire giocando le mossi migliori con un tempo in cui pensare molto limitato. La concentrazione è fondamentale, ma la pressione provoca spesso degli errori.
<!--[if !supportLists]-->8) <!--[endif]-->La palla dell’indovino: secondo te quale sarà il giocatore trentino che farà il maggior balzo in avanti nel punteggio Elo Fide nei prossimi 12 mesi?
Punto ai giovani e particolarmente su Marco Lezzerini. Spero che lui superi presto la barriera psicologica di 2000 punti, un traguardo che lui ha già maturato. I suoi ultimi risultati con i giocatori più forti di lui indicano questo molto chiaramente.
<!--[if !supportLists]-->9) <!--[endif]-->Quando vedremo Alexandar maestro Fide, traguardo per il quale tifiamo apertamente?
Maestro FIDE è un traguardo molto difficile. Si tratta di 2300 punti elo. Il mio massimo è stato 2220 e la differenza parla da sè. Penso che non sia una cosa impossibile, ma per ottenerla dovrei giocare almeno 10 tornei all'anno per due anni. Nella mia situazione attuale è un percorso assai difficile. La mia vera ambizione è di migliorare di più il mio insegnamento e trasmettere la mia passione per gli scacchi a più persone possibili specialmente ai giovani.
10) Hai in casa due ottime promesse degli scacchi. Ma ascolta di più i tuoi consigli tecnici Stefan oppure Teodora?
Entrambi mi seguono con attenzione. Adeguo l'insegnamento ai loro caratteri diversi, tenendo sempre in mente quanto sia importante mantenere vivo il loro desiderio di giocare a scacchi.